E' ARRIVATO L'INVERNO!!...

sabato 31 gennaio 2009

Il cantico delle creature di Angelo Branduardi

Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

Salvatore Quasimodo

lunedì 26 gennaio 2009

Stupro,choc che non si può cancellare

di Alessandra Graziottin

Se la ragazza violentata a Roma fosse stata la figlia del Gip, costui avrebbe messo il violentatore agli arresti domiciliari? Probabilmente no . Che indifferenza e che sfregio.
La beffa dopo la tragedia. Perché in questo caso sì? ci chiediamo tutti. “Si è pentito”. E allora? Il pentirsi, soprattutto quello strumentale dell’ultima ora, non elimina la responsabilità né il danno causato, e non può attenuare la severità della pena. Basta con il pentitismo. Altrimenti, come fa un donna a sentirsi tutelata da questo Stato?
“Li prenderete, vero?” chiede ai carabinieri la ragazza violentata a Guidonia da cinque delinquenti mentre era appartata con il fidanzato in un momento di intimità. Prenderli, in questa Italia, che senso ha? Ammesso di trovarli, avranno tutte le attenuanti possibili. In ogni caso, saranno di nuovo rapidamente fuori, tra indulti e altri privilegi che qui hanno solo i delinquenti. Se extracomunitari, l’espulsione sarà un farsa. E il rischio di ulteriori ritorsioni e violenze da parte del o dei violentatori sarà reale e pesantissimo.
E la ragazza violentata, invece, quanto a lungo dovrà soffrire, dopo? Nessuno pensa che ognuna di queste ragazze ha un rischio concreto di gravidanza: come può sentirsi una donna che scopre di essere incinta dopo uno stupro? Certo, in ogni pronto soccorso i medici dovrebbero raccomandare l’uso immediato della contraccezione d’emergenza, la pillola del giorno dopo. Ma quanti lo fanno? E se la ragazza per convinzioni religiose non se la sente? Come può portare avanti una gravidanza concepita in queste condizioni? E tra tutte quelle che non denunciano la violenza, quante pensano a prendere subito questo contraccettivo? Lo stato di shock rende difficile anche il pensare a questa possibilità. Eppure questa è una conseguenza concreta e tragica.
E le malattie sessualmente trasmesse? Cinque delinquenti che ti violentano quante malattie, anche gravi, possono trasmettere? Non ci si pensa ma il diverso periodo di incubazione di queste malattie rende ansiosa l’attesa dei diversi test anche dopo mesi dallo stupro. Purtroppo non ci sono cure preventive per molte di queste infezioni sessuali. E così una donna rischia concretamente di essere infettata e rovinata irreparabilmente nel corpo e nella mente. Lo stupro configura a tutti gli effetti, anche dal punto di vista medico, oltre che psichico, una lesione personale gravissima da perseguire con estrema severità e non con l’insultante e banalizzante leggerezza che vediamo nel nostro Paese.
Poi ci si chiede perché le donne denunciano le violenze subite solo nel 4% cento dei casi. Ma a che serve parlare? Per subire l’ennesima umiliazione degli interrogatori, gli sguardi curiosi , giudicanti o malevoli delle persone, il giudizio sociale pesante, lo stigma di essere un corpo oltraggiato, violato, ferito e magari anche ammalato? Per rischiare di vivere dopo in una situazione di ricatti, minacce e violenze, come era successo alla ragazza piemontese che è stato poi uccisa dal suo violentatore, al tempo denunciato, dopo anni di persecuzioni fisiche e psichiche? Un caso infelice? No: dati statunitensi rivelano che, dopo la denuncia, una donna violentata su tre subisce ritorsioni e ricatti dal violentatore o i suoi amici. Un rischio ulteriore che non può essere sottovalutato.
La deriva delle norme in corso e la banalizzazione della violenza come “problema minore” dell’ordine pubblico fa sì che noi donne ci sentiamo sempre meno tutelate e sempre più esposte all’aggressività violenta di maschi, italiani o immigrati che siano. Che siano “bravi ragazzi” che hanno agito sotto l’effetto di droghe non è un’attenuante, ma un’aggravante. Punto. E se sono extracomunitari, la pena deve essere del pari esemplare e certa. Soprattutto certa, fino al completamento dell’espiazione. E basta anche con la mitologia del povero immigrato. Ci sono immigrati di qualità, che meritano a tutti gli effetti lo status di cittadino italiano, con diritti e doveri. Ma anche una pletora di banditi, la cui esistenza è fatta di espedienti e furti, che hanno contribuito a ridurre drasticamente la sicurezza nel nostro Paese: vanno perseguiti con decisione, fino in fondo.
E che cosa dire della frustrazione delle Forze dell’Ordine? Perché devono fare mesi di indagini per poi vedersi beffate dalla sostanziale impunità regalata ai delinquenti? Come molti italiani sono delusa dalle periodiche promesse elettorali sull’ordine pubblico e sulla certezza della pena. Anzi, come moltissimi cittadini mi sento francamente presa in giro. Purtroppo, in questo aspro gennaio in cui gli stupri quotidiani sono diventati un bollettino di guerra, angoscia e addolora il vedere ogni giorno che l’area della violenza sessuale non si limita alle donne. I periodici scandali sulla pedofilia in ambito religioso, contro bambini che non possono difendersi, perché bambini o perché, ancora peggio, con diverse disabilità, lasciano agghiacciati. Credo che la Chiesa, prima di predicare contro la contraccezione, dovrebbe seriamente lavorare al proprio interno per la moralizzazione del comportamento sessuale di alcuni dei suoi religiosi, o l’espulsione dal corpo ecclesiale. Non si può predicare contro le pagliuzze altrui se non si guardano prima le proprie travi. Sull’inescusabile delitto della violenza sui bambini Gesù Cristo per primo ha scelto parole di fuoco.
Alessandra Graziottin

Fonte



Il sogno dell'uomo ....

Il sogno dell'uomo è quello di essere completamente padrone della propria esistenza. E non ha torto, poiché la sua superiorità sull'animale consiste proprio nel poter riflettere su se stesso, contemplare il mondo, giudicare e dirigere la propria vita secondo le norme del suo ideale. Purtroppo molti uomini che si credono padroni delle proprie azioni sono, nei fatti, più o meno schiavi del loro corpo e dei loro sensi. Non sono stati capaci di stabilire e di tenere ben ferma la gerarchia dei loro poteri. In tal caso o essi non vedono bene oppure fanno assegnamento solo sulle proprie forze per vivere "in piedi". (M. Quoist "Riuscire")


Nella solitudine, quando siamo nello sconforto e abbiamo bisogno di qualche persona che ci ascolti e non la troviamo ricordiamoci sempre che non siamo soli perché abbiamo sempre qualcuno vicino che aspetta la nostra preghiera. Allora proviamo con fiducia a dire:

Signore Gesù,

tu che hai sperimentato la solitudine

quando pregavi nell’orto degli ulivi,

che capisci cosa significa essere soli,

volgi il tuo sguardo su di me.

Mi sento abbandonato.

Mi sembra che nessuno mi capisca,

non mi sento utile ad alcuno.

Ti prego, mio Dio,

fammi sentire la tua vicinanza

e provare la tua consolazione:

rallegra la mia vita,

fa’ che ti scopra accanto a me,

pronto ad ascoltarmi e a condividere

tutto ciò che mi pesa sul cuore.

Tu che sei l’amore

Aiutami a comprendere che mi ami;

tu che sai essere amico fedele e sincero

aiutami a sentirti qui con me;

tu che sei il mio Dio

allontana da me ogni tristezza;

tu che sei fedele,

non abbandonarmi mai,

specialmente in questo momento di solitudine;

riaccendi sulle mie labbra il sorriso

e fa’ che gusti questo giorno

come un meraviglioso regalo

ricevuto dalle tue mani.

fonte

giovedì 22 gennaio 2009

Particolare della locandina

Percorso interattivo per esplorare il mondo del mare. Dal 26 gennaio al 4 marzo 2009


Comunicando in partnership con L'Assessorato Politiche Educative del Comune di Venezia/ Itinerari Educativi e la Municipalità di Venezia-Murano-Burano, inaugura lunedì 26 gennaio alle ore 16.30 presso la sala espositiva di San Leonardo, Cannaregio 1584 - Venezia, "Navigando il mare", mostra gioco per ragazzi, dopo il successo ottenuto nelle prime due edizioni, alla Biennale Internazionale del Mare e al Museo della Scienza e della Tecnologia di Napoli.

Il percorso interattivo e multimediale, rivolto ai ragazzi dagli 8 ai 14 anni si propone di sensibilizzare e di appassionare le nuove generazioni alla cultura del mare, di far riflettere sul "mare" inteso come risorsa economica e di sviluppo, di recuperare una "coscienza sociale" nei ragazzi educandoli alla tutela del mare.

Scopo del gioco è compiere un viaggio conducendo una nave verso mete assegnate, svolgere le funzioni di un vero equipaggio e governare una nave attraverso un simulatore di navigazione, giocando con la matematica, la geografia, la fisica e l'ambiente.

Il percorso prevede delle operazioni legate alla navigazione come tracciare una rotta, organizzare operazioni di carico e scarico, orientamento con la bussola, l'approvvigionamento e, ancora, la direzione dei venti, la scala Beaufort... Ed altre legate all'ambiente: l'avvistamento dei mammiferi marini, la fauna e la sua salvaguardia, il deterioramento dei rifiuti in mare ...


ORARIO:
Dal lunedì al sabato:
9.30/10.45; 11.00/12.15; 12.30/13.45; 14.30/15.45

Ticket d'ingresso ridotto: € 5,00 per ciascun alunno. I docenti non pagano.

Per le scolaresche è obbligatoria la prenotazione telefonica.


PRENOTAZIONI E INFORMAZIONI:
Itinerari Educativi, via Portara 8 - 30174 Mestre VE
tel. 041.5346255/56 - fax041.5350786
orario 9.30 - 13

lunedì 19 gennaio 2009

"GRAZIE" A VOLTE BASTA LA PAROLA

“Chissà se le ho detto abbastanza quanto le volevo bene …”. Il rimpianto, quando perdiamo una persona cara, perché ci si lascia dopo una storia d’amore, o d’amicizia, perché si cambia vita, o perché l’altro muore, può essere rapidamente zittito, come una scomoda inquietudine, o diventare un tarlo incistato e doloroso. Sul nucleo duro della mancanza di tempo e di attenzione per dirsi l’affetto, la tenerezza, l’amore, si radica un pensiero ancora più disturbante: perché non sono riuscito a dire “grazie” davvero?
Perché questo rimpianto affiora, quando affiora, troppo tardi? Perché, uomini e donne, facciamo così fatica ad esprimere i sentimenti positivi, mentre quelli negativi ci escono letteralmente esplosivi, pieni di aggressività e distruttività?
Le ragioni della sostanziale difficoltà ad esprimere la gratitudine e l’affetto sono molteplici.

Innanzitutto, la capacità di dire grazie dipende dall’educazione. Non tanto, e non solo, nel senso formale di riti e modi– anche se la forma è espressione di contenuti e sentimenti– ma nel senso di capacità di esprimere il meglio di sé sintonizzandosi davvero con le emozioni degli altri.

Un’educazione che comincia da piccolissimi: non solo nell’incoraggiare il bambino a dire grazie, quando riceve qualche cosa ma, più in generale, nel fargli respirare e vedere la capacità di esprimere sentimenti positivi nella coppia, in famiglia, in asilo, a scuola. I bambini imparano (soprattutto) con gli occhi, grazie ai loro neuroni specchio. Ecco che allora l’antico detto latino: “Verba volant, exempla trahunt”, le parole volano, gli esempi trascinano, assume nuova pregnanza grazie alle rivoluzionarie scoperte su quanto l’apprendimento, nel bene e nel male, sia figlio, innanzitutto, dell’abilità visiva e motoria. I bambini ci filmano in ogni istante con i loro occhi attenti e il loro cervello; e, filmandoci, imparano. Insegniamo a ringraziare, dunque, ma soprattutto mettiamolo in pratica quotidianamente, affinché diventi uno stile, una capacità profonda di esprimere sentimenti positivi, facendo sentire l’altro importante e prezioso ai nostri occhi e per il nostro cuore. Gratitudine come segno di amore? Certamente, e nel senso più ampio.
La capacità di esprimere la gratitudine, così rara oggi, dipende infatti dall’empatia. Più si è capaci di sintonizzarsi sui sentimenti degli altri, di sentire le loro emozioni e i loro desideri, più si riesce a capire quanto sia importante per ciascuno di noi sentirci “riconosciuti”, mentre esprimiamo al meglio un talento o un’attenzione, mentre svolgiamo un lavoro con diligenza. Oppure mentre proviamo un sentimento di qualità.
E’ segno di educazione ringraziare sempre, almeno con una telefonata o un biglietto affettuoso, quando si riceve un regalo, evitando la gelida freddezza degli sms o, peggio, un ingeneroso silenzio.
E’ segno di autostima e sicurezza interiore ringraziare, quando un altro, amico, familiare o innamorato che sia, ci fa una cortesia. Paradossalmente, più è forte il legame d’affetto o d’amore, più sembra sia difficile ringraziare di cuore. Invece, è proprio segno di capacità di amare prendersi il tempo per soffermarsi ad apprezzare, e ringraziare, proprio le persone che ci stanno più vicine, familiari in testa. Sono loro le persone per le quali, se abbiamo un cuore, nasce più forte il rimpianto quando ci rendiamo conto che, improvvisamente, è diventato troppo tardi per esprimere la nostra gratitudine.
Spiacevole dirlo, ma, oltre la maleducazione, uno dei fattori che blocca di più la capacità di dire grazie è l’invidia, conscia o inconscia che sia. Invidia per quello che l’altro è o fa, con declinazioni diverse a seconda dell’età.
L’invidia tra giovani, o verso i giovani, nasce dalle possibilità (in più) che ci sembra l’altro/a abbia grazie alla giovinezza, alla bellezza, al fascino, all’entusiasmo, alla voglia di vivere che per ragioni oscure a noi sembrano preclusi. Potremmo definirla un’invidia “prospettiva”. L’invidia della maturità si scatena, invece, contro quello che l’altro o altra hanno realizzato negli affetti, nella professione, nella vita, con le proprie forze, la propria fatica, i propri talenti. Un’invidia “retrospettiva”, che ha connotazioni più amare, più biliose, più insidiose, più distruttive. In entrambi i casi, invece di fare una sana autocritica, l’invidioso/a vive l’espressione della gratitudine come una “diminutio”, come una perdita di valore personale, quasi un’umiliazione. Al punto che il ricevere un gesto gentile, un regalo, una cortesia, un favore, può indurre addirittura una risposta aggressiva, che nasce dalla rabbia interiore che ogni invidioso prova in dosi perniciose.

E allora? Perché non considerare che gentilezza e gratitudine, nel tono, nei modi di fare, e nelle parole scelte per dire grazie, sono un formidabile antistress? Lo sono per chi la esprime, perché per farlo di cuore ci dobbiamo sintonizzare sui nostri sentimenti positivi: così facendo, siamo i primi a beneficiare del sorriso che regaliamo, dell’abbraccio che riscalda il cuore, del dono che ci illumina scegliere, della lettera che ci dà gioia scrivere. E lo sono, certamente, per chi la riceve: tutti, ad ogni livello, abbiamo bisogno di sentirci apprezzati, di esistere nello sguardo, nell’attenzione, nella valutazione positiva degli altri. Sono queste onde positive che ci fanno sentire di esistere nel lavoro, in famiglia, in coppia, di meritare di essere amati, che vincono ogni solitudine. Che ci fanno raddoppiare l’energia e l’entusiasmo, la voglia di fare, di impegnarci, che raddoppiano l’amore e la tenerezza, che accrescono tutti i nostri neurotrasmettitori, come l’ossitocina, che aumenta la profondità e l’intensità dei nostri legami d’amore. E’ (anche) così che l’amore non si usura ma anzi cresce nel tempo, perché è nutrito a livello sostanziale, perfino biologico, come oggi sappiamo, dalla nostra capacità di stare insieme, gratificando l’altro con la nostra capacità di non dare per scontato, o, peggio, dovuto, tutto quello che fa per noi. Educhiamo e (ri)educhiamoci a dire grazie, a illuminare la nostra (e altrui) vita con questa stupenda capacità di far sentire gli altri preziosi per noi. Oggi ancora più di ieri, perché è nei giorni difficili che apprezziamo quanto l’essenziale sia invisibile agli occhi, ma visibilissimo per il cuore.
Alessandra Graziottin

fONTE

domenica 18 gennaio 2009

“Dimmi come mangi, ti dirò chi sei”


Il cibo è lo specchio delle nostre emozioni, è piacere, salute e tradizione gastronomica. Il cibo è famiglia, è la tavola della terra di nascita. Il cibo non è solo calorie, non è solo un nutrimento per il corpo. Non soddisfa soltanto i nostri fabbisogni energetici e metabolici.
Stuzzica, rilassa, rasserena. Si sceglie un cibo, un piatto anziché un altro più sulla base degli stimoli sensoriali, tradizione, piacere e gastronomia che su considerazioni nutrizionali e dietetiche. Con il cibo si nascondono paura, insicurezza, mancanza di affetti e di amore. Quando si vuole stare con una persona amata, la si invita a tavola. Proviamo a conoscere chi siamo veramente, quale personalità alimentare abbiamo, facendo tests comportamentali

TEST - ALIMENTAZIONE CONSAPEVOLE

Cosa scegli?
Segna la risposta (A o B o C) che indica il tuo comportamento

ASPETTATIVA

A) Aspetto sempre una dieta nuova
B) Chiedo che un medico o altri mi prescrivano la dieta
C) Voglio cambiare il mio modo di vivere

METODO

A) Voglio una dieta giornaliera
B) Desidero avere farmaci per fare meglio la dieta
C) Scelgo gli alimenti giornalieri

ESERCIZIO

A) Non faccio alcuna attività fisica
B) Non voglio fare alcun sacrificio per fare attività motoria
C)Programmo la mia giornata e trovo tempo per attività fisica

CIBO

A) Mangio ciò che capita
B) Vivo il cibo come nemico, come privazione
C)Vivo il cibo come piacere

RISULTATO

A) Faccio la dieta per breve periodo
B) Mi peso e mi misuro ogni giorno
C)Voglio cambiare il mio modo di mangiare

RESPONSABILITÀ

A) Se non perdo peso, la colpa è della dieta che non funziona
B) Seguo sempre in m odo passivo chi mi ha dato la dieta
C)Guido la mia mano che porta il mio cibo dal piatto alla bocca

PENSIERO

A) Smetto, riprendo la dieta, non ho continuità
B) Voglio essere controllato durante la dieta
C)o posso fare la dieta solo se voglio farla

FAME

A) Ho sempre fame
B) Ho fame nervosa e fisica molte volte durante il giorno
C)Gestisco la fame e l’appetito, so come comportarmi

SUCCESSO

A) Costante delusione da ogni dieta fatta
B) Mi interessa solo l’immagine del mio corpo
C)Il controllo della mia alimentazione mi crea sensazione di benessere e salute

RISPOSTA AL TEST

Verifica qual è la tua scelta preferita
A – Sei un “consumatore” di diete, ma hai una percezione della tua alimentazione ed una scarsa / nulla percezione della tua identità corporea, fai e continuerai a fare diete senza ottenere alcun successo; modifica radicalmente il tuo rapporto con il cibo e con il tuo corpo per stare in salute e vivere a lungo.

B – Sei un “paziente”, aspetti l’indicazione di una persona in grado di prescriverti una dieta; hai un atteggiamento delegante: deleghi ad altri ciò che invece devi fare con la tua volontà e con la conoscenza del tuo corpo e del valore nutrizionale della tua alimentazione giornaliera; delegare significa non avere responsabilità diretta; è un errore, il consiglio è di cambiare atteggiamento e diventare da passivo ad attivo nella scelta della propria alimentazione.

C – Sei una “persona” consapevole della scelta e del valore nutrizionale della propria alimentazione, hai un rapporto consapevole con il cibo e con il tuo corpo; hai un approccio di benessere e di prevenzione, ami e proteggi il tuo corpo; continua in queste scelte di alimentazione consapevole, la qualità e la durata della vita stanno nel piatto quotidiano.
Fonte

La crema Budwig


La Crema Budwig costituisce una colazione completa, ricca di vitamine F (acidi grassi insaturi serie omega-
3), vitamine, minerali, carboidrati a bassa densità glucidica della frutta e dei cereali integrali crudi. Non
richiede cottura ed è ben tollerata da tutti. La crema Budwig la si può prendere abbinata a tè leggero o caffè
d'orzo. La si può preparare per consumare nel pasto di mezzogiorno, è facile da portare nel luogo di lavoro.
Questo è il procedimento di preparazione:
in una scodella, mettere un vasetto di yogurt da latte magro o di soia e 2 cucchiaini di olio di lino spremuto a
freddo, sbattere con una forchetta fino ad ottenere un impasto cremoso. Aggiungere poi il succo di mezzo
limone e mescolare bene. Separatamente in un macina caffè elettrico macinare (polverizzare) due cucchiai di
cereale integrale scelto (riso integrale, avena, farro, miglio, kamut, orzo mondo, grano saraceno, grano tenero,
….), a cui aggiungere negli ultimi giri alcuni semi oleosi preferiti (noci o nocciole o mandorle…); unire poi tutto
il macinato all’impasto già prima preparato
(yogurt e olio di lino) e mescolare delicatamente.
Schiacciare bene con una forchetta la banana matura finché diventa pastosa e poi aggiungerla al resto nella
scodella.
Mescolare tutto ed aggiungere la frutta fresca tagliata a pezzi frutta fresca di stagione a piacere).
Se si vuole preparare la crema Budwig per tutta la famiglia, si può utilizzare un frullatore e mescolare tutto
insieme.
Fonte

IDEE e CONSIGLI PER MANGIARE FUORI CASA


Il pranzo fuori casa è una esigenza alimentare diffusa ed è talvolta difficile da realizzare in
modo corretto per recuperare e mantenere il peso forma. Consiglio alcune proposte e idee di
sana alimentazione, in applicazione del metodo molecolare basato sulla scelta delle
“molecole”, cioè dei principi nutritivi contenuti nei singoli alimenti. Non si mangiano le
Calorie, ma le molecole degli alimenti.
Il pranzo fuori casa ha la sua base in una insalata( porzione libera) con ortaggi vari e misti,
crudi, con all’interno le proteine di carne bianca (pollo o tacchino) o formaggio fresco e molle
o uova o tonno al naturale o prosciutto crudo oppure cotto, con due cucchiaini di olio extra
vergine di oliva e con erbe aromatiche e/o spezie di gradimento.
I carboidrati possono essere inseriti nella insalatona vegetale portante con legumi ( fagioli o
ceci o lenticchie o piselli o soia) oppure con cereali integrali naturali ( orzo, farro, riso…). E’
un piatto completo composto di carboidrati, proteine, minerali, vitamine, minerali, lipidi,
fibra alimentare, acqua biologica.
Può essere preparato un contenitore con il cibo confezionato a casa.
Consiglio pure la crema budwig, è un pasto saziante e completo , comodo perché può essere
preparata a casa e consumata nel luogo di lavoro.
Sono da evitare panini con combinazioni errate come formaggi e salumi abbinati, panini con
creme varie ricche di grassi, di maionese…
Fuori casa occorre mangiare semplice. Se c’è la possibilità di una mensa prendere un piatto di
verdura cruda e un piatto di pasta integrale (una porzione media) senza condimenti eccessivi
una/due volte alla settimana, negli altri giorni prendere al posto della pasta un piatto proteico
di carne rossa o bianca o pesce, dopo il piatto proteico scegliere una porzione libera di
verdura cotta. Quando non si mangia la pasta scegliere un panino integrale.
Una altra proposta può essere uno yogurt magro, con cereali integrali e frutta fresca di
stagione ( come una mela fuji che sazia ed è molto gradevole). Consiglio di bere un buon
bicchiere di acqua ogni ora, è saggio scegliere una acqua minerale con un residuo fisso secco
superiore a 500 mg/litro, con un pH superiore a 6 (leggere etichetta).

LA SALUTE NEL PIATTO
PRANZO FUORI CASA

Insalatona ortaggi freschi crudi di stagione mista con legumi e
mais
Insalata greca
Insalatona ortaggi freschi crudi di stagione con uova sode
Nizzarda
Insalatona di verdura cruda di stagione con carne bianca
(dadolata di petto di tacchino o pollo)
Insalatona di verdura mista a piacere di stagione con tonno al
naturale
Caprese
Macedonia fresca senza zucchero e con yogurt
Pizza al pomodoro e un frutto di stagione
Pizza margherita
Panino integrale con scamorza
Panino integrale con prosciutto crudo magro
Panino integrale con tonno al naturale e capperi
Panino integrale con stracchino
Panino integrale con provolone
Panino integrale con mozzarella e pomodoro
Bresaola olio extravergine di oliva e limone
Hamburger ai ferri
Frutta fresca stagionale e gelato artigianale
Crema Budwig

Prof Pier Luigi Rossi
Medico Specialista in Scienza della Alimentazione
Specialista in Medicina Preventiva Ospedale San Donato Arezzo
Fonte

giovedì 15 gennaio 2009

L’arte sul digitale supera la realtà Capolavori in rete


.............I maestri del Prado raccolti in un tour virtuale e con dettagli che non si vedono ad occhio nudo..... La pinacoteca di Madrid è la prima al mondo a tentare questo esperimento...... La copia è meglio dell'originale. La riproduzione ha vinto sull'opera dentro la teca........quadri tradotti in miliardi di pixel....Google ha lanciato un nuovo layer di Google Earth che permette di osservare fin nei minimi dettagli 14 capolavori del Museo del Prado; questo layer comprende inoltre modelli in 3D che consentono di muoversi per le stanze del Museo come se ci si trovasse davvero all'interno.........

"E ora, ecco la sensazionale offerta del Prado di poter vedere da vicino quei capolavori che in un museo si vedono con difficoltà, per la presenza di visitatori fastidiosi e per l’impossibilità materiale di vedere le opere da vicino nella condizione ideale di un restauratore, con solitudine e concentrazione, lenti ed altri strumenti. Per Velázquez, Rubens, Goya, El Greco, Rembrandt, Bosch, Dürer, Van der Weyden, la visione su Internet consente non solo la fedeltà della riproduzione del dipinto, di cui peraltro non è facile percepire le dimensioni originali in assenza dello spazio fisico, ma, appena superato questo limite (e certamente fra breve ci verrà data anche l’illusione dello spazio), all’occhio è consentito avvicinarsi ai particolari dei dipinti fino a vedere dettagli impercettibili e con straordinaria fedeltà e amplificazione.

Il procedimento elettronico ti assolve dalla visita al museo e non ti garantisce una percezione analoga ma inferiore rispetto alla realtà, bensì identica e superiore. La finzione ha superato la realtà. Il teorema di Benjamin si è compiuto, togliendo all’opera d’arte la sua unicità che rimarrà piacere inestinguibile degli amatori, ma non sarà più sufficiente a una conoscenza compiuta senza l’integrazione del duplicato. È un concetto che va oltre anche il clone perché offre, come furono per gli uomini e per le opere d’arte i raggi X, strumenti nuovi di conoscenza. Insomma, la fine di una civiltà e la maturazione estrema dell’invenzione rivoluzionaria della fotografia. Si può abbandonare la realtà e vivere nella finzione. D’altra parte i pittori lo avevano capito: Vittore Carpaccio firmava non «Carpatius pinxit», ma «Carpatius finxit», Carpaccio non dipinse, ma finse, tanto era simile al vero. E oggi le fiction hanno sostituito la vita."

Per approfondire

Addio vecchia lavagna, in arrivo ottomila interattive


La vecchia lavagna nera in ardesia va in pensione. Al suo posto è in arrivo la lavagna interattiva multimediale (in gergo "lim") una novità tecnologica già adottata in molti Paesi del Nord Europa. Il governo ha stanziato 20 milioni di euro per distribuire in tutta Italia le prime 10 mila "lim" e l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan ha annunciato l’altro giorno a Bassano che la dotazione del Veneto sarà di ottomila lavagne multimediali: gli studenti delle medie sono in totale poco più di 125 mila quindi ne avrebbero più di una per classe, ma è probabile che la novità venga estesa anche alle scuole primarie, le ex elementari, a discrezione dei direttori didattici.

Ieri la provincia di Treviso ha fatto il punto su questa novità tecnologica spiegando che interesserà 13 scuole medie e 54 istituti comprensivi per essere poi progressivamente estesa alle secondarie superiori e alle elementari.
In effetti già alcune scuole primarie del Veneto le stanno testando o meglio si stanno tenendo i corsi d’aggiornamento per i docenti che dovranno poi utilizzarle nelle classi.
Nel 2009 è prevista la seconda tranche di finanziamento statale (altri 10 milioni) quando gli istituti scolastici avranno concluso la formazione dei docenti.
La distribuzione avverrà in tutto il territorio nazionale dove sono stati mobilitati 24 mila professori. «Si tratta di un'opportunità straordinaria, che consente agli alunni di interagire telematicamente con i docenti, i quali a loro volta mentre spiegano possono attivare connessioni internet, computer, video» spiega Maria Giuliana Bigardi, dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale di Treviso. La lavagna interattiva multimediale possiede un ampio schermo bianco in grado di «ospitare» connessioni con il pc, interni ed esterni, aprire pagine internet, proiettare immagini e filmati. Grazie a specifici software risulta sensibile al tatto e viene atttivata con la mano o con una speciale penna, come accade nei monitor «touch screen».
È utilizzata già nel Nord Europa, in Canada e negli Stati Uniti. Lim non verrà distributa a pioggia nelle scuole ma soltanto a quelle che ne hanno fatto richiesta, secondo le direttiva regionali. L'ufficio competente sta vagliando le domande e nei prossimi giorni verrà pubblicato l'elenco completo dei plessi scolastici protagonisti dell'innovazione telematica. E le vecchie care tavole di ardesia scura, con gli sbuffi bianchi del gessetto difficili da cancellare? Il loro destino è quello di finire in soffitta, ma potrebbero anche stupirci, prendendo parte a qualche progetto di solidarietà, come già accade in ambito sanitario con i macchinari inutilizzati o nel settore trasporto per gli autobus dismessi e spediti in Africa.
Fonte

martedì 6 gennaio 2009

Contro la recessione sfruttiamo le nostre attitudini



E poi tramutiamo in un affare ciò che ci piace

Che cosa dobbiamo fare noi italiani per superare la crisi economica? C' e una ricetta, una regola da seguire? Probabilmente ne esistono molte, e me ne viene in mente una che vale tanto per il singolo individuo come per un Paese. Sfruttare al massimo la tua vocazione, fare ciò che sai fare meglio, fare quello che più ti piace. Ogni individuo ha delle attitudini, una vocazione particolare. C' è chi sa comporre musica, chi ha una mentalità scientifica. Chi sa far ridere, chi recitare, chi narrare, chi dipingere, chi ha un talento sportivo e chi invece ne ha uno matematico. Se ciascuno di loro fa ciò per cui e più portato, lo fa bene, senza fatica e si diverte. Ma anche un popolo ha delle capacita particolari. Noi italiani ne abbiamo molte. A prima vista ci sembrano delle sciocchezze. Ne volete un esempio? A noi piace mangiare, siamo dei buongustai, ci piace cucinare in casa e poi mangiare tutti insieme a tavola. Parliamo di cibo come di sport. E la tavola deve essere apparecchiata. Perfino le donne single se l' apparecchiano. I genitori vogliono che i bambini vi mangino seduti insieme a loro. Gli inglesi e molti americani non ci pensano nemmeno. Non cucinano, ciascuno mangia quando ne ha voglia. Apre il frigorifero afferra qualcosa e lo ingurgita così com' e, anche freddo gelato. Il risultato è che gli italiani sono famosi in tutto il mondo per i loro prodotti gastronomici, per la loro cucina e per i loro ristoranti. Passiamo alla casa. Gli italiani ci tengono alla casa, adorano i pavimenti in cotto o in ceramiche di Vietri o di Sassuolo Appena possono comperano dei mobili belli. Orgogliosi della loro casa invitano gli amici a vederla, a mangiare da loro a pranzo e a cena. Gli inglesi, i tedeschi, gli spagnoli non lo fanno. Risultato: noi esportiamo piastrelle e mobili in tutto il mondo. Poi siamo vanitosi, amiamo vestire bene e ci scambiamo i complimenti: «Bello questo cappotto, stupendo questo vestito. Ma dove hai trovato queste scarpe?, Deliziosi i tuoi nuovi occhiali, che meraviglia il tuo bracciale!». Un inglese, un tedesco, uno svedese, un americano si vergognerebbero di tanta frivolezza. Risultato: la moda italiana domina incontrastata. E poiché per produrre tutti questi oggetti ci vogliono delle macchine, noi ce le inventiamo e poi le esportiamo in tutto il mondo. Conclusioni: per superare la crisi seguiamo il nostro gusto e tramutiamo in un affare ciò che ci piace.

Fonte www.corriere.it/alberoni

Alberoni Francesco

lunedì 5 gennaio 2009

Il caro-prezzi dimenticato con l'avvento dell'euro


C'è un'esosità latente nei prezzi indicati ormai solo in euro che non sempre cogliamo a causa del fatto che abbiamo stoltamente abbandonato troppo presto la sana abitudine di fare i nostri debiti calcoli prima di accingerci a un acquisto, inoculataci saggiamente dai nostri padri e dalle nostre madri, e tendiamo per lo più a considerare i prezzi, erroneamente, come se fossero indicati ancora nelle vecchie lire.
Fra i numerosi esempi che potrei fare in proposito, ne basti uno che, senza tema di esagerare, reputo alquanto eloquente.
Allorché oggigiorno in un ristorante non necessariamente tra i più rinomati, dopo aver consumato un normalissimo pasto, tutt'altro che luculliano, ci vediamo presentare un conto di 50-70 euro siamo soliti pagare senza battere ciglio e senza obiettare alcunchè.
Dimenticandoci tuttavia che soltanto qualche tempo addietro se, dopo aver consumato lo stesso pasto, ci avessero presentato un conto di 100-140mila lire - l'equivalente cioè degli odierni 50-70 euro – non avremmo sicuramente esitato a chiederci, senza ombra di dubbio alcuno, se non era il caso, alle volte, di far intervenire la polizia.
Enzo Pedrocco
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L'attesa dell'ultima stagione di Alessandra Graziottin


“Per chi e che cosa suonava (una volta) la campana”? No, non è Hemingway. È Enzo Bianchi, il fondatore della comunità monastica di Bose, che nel suo poetico “Il pane di ieri” appena uscito per Einaudi, condivide con noi il racconto della sua infanzia e giovinezza nel Monferrato. Un libro che è stato per me un pensato regalo di Natale, capace di regalarmi con lievità, leggendo e assaporando, emozioni e commozione. Lo suggerisco come dono alle persone che amiamo, ma anche a se stessi, per la capacità di riportarci, con semplicità e poesia, senza idealismi né voli nostalgici, in un mondo quasi del tutto perduto. Chi di noi è nato in campagna, riconoscerà in queste pagine molti echi del proprio passato, o del passato raccontato dai nonni, della nostra terra e della saggezza dura di chi viveva radicato nel fare contadino.
Continua qui ......

Un viaggio nella memoria sensoriale, dove sono protagonisti i paesaggi, gli odori della terra, il profumo del cibo, anche povero, preparato con grande cura, la fatica di vivere, le solitudini di ieri, accettando fino in fondo il proprio dovere, i ritmi di una vita più scandita dal tempo delle stagioni e dei giorni, dal duro lavoro nelle vigne, accese con i colori ardenti dell’autunno, dall’attesa sempre incerta del raccolto. Un viaggio della memoria, anche nella capacità di accompagnare coralmente i grandi eventi della vita con la presenza affettuosa di amici e familiari. Non solo il matrimonio e la nascita, ma soprattutto la morte, in casa, benedetti e pacificati. Una consolazione oggi perduta per i più..........

domenica 4 gennaio 2009

TISANA DISINTOSSICANTE


• Tarassaco gr. 40
• Betulla gr. 40
• Carciofo gr. 20
Mettere un cucchiaio da cucina del mix di erbe in una tazza da the’ di acqua bollente e tenere in infusione per
20 minuti.
Filtrare e bere durante la giornata dopo i pasti principali.
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LA FRUTTA SECCA



La frutta secca, presente sulle nostre tavole soprattutto nelle feste natalizie, come pinoli, castagne, noci,
nocciole, pistacchi, fichi secchi, attualmente e' considerata fondamentale per la profilassi delle malattie
cardiovascolari; essa infatti e' ricca di acidi grassi insaturi del tipo omega tre chiamati anche acidi salva cuore!
Qual è quella migliore?
Senz'altro pinoli e castagne: sono i frutti di alberi coltivati in modo estensivo e non intensivo; sono quindi frutti
che non sono soggetti a patologie tali da richiedere fitofarmaci; non solo: nessuno si sogna di andare a
spruzzare veleni a trenta metri di altezza; sono quindi frutti ecologici con cui si puo' abbondare anche nei
bambini.
Dott. CIRO VESTITA
Fitoterapeuta
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L'uomo alla ricerca del senso della vita

Finalmente la donna ha spezzato le catene di e si è conquistata la libertà di apprendere ed esercitare quasi ogni professione. Anche questa libertà è stata acquistata a caro prezzo, avendo essa raddoppiato o triplicato il peso che la donna deve sopportare per il lavoro domestico, l'educazione dei figli e la professione, suscitando pertanto violenti conflitti di coscienza tra la soddisfazione derivata da obblighi familiari e quelli professionali. La libertà nella scelta della professione ha prodotto nella donna una nuova insicurezza, dovuta all'essere perennemente combattuta tra i doveri di madre e la realizzazione personale. Ci sono anche esempi che non risultano direttamente dal crollo di tradizioni, come il vasto tema dell'occupazione del . Soltanto recentemente il progresso ha causato un notevole eccesso di tempo libero. Sono stati escogitati mezzi sempre più raffinati per aumentare la comodità ed il comfort; via via l'uomo civilizzato si è trovato ad avere molto tempo libero, di cui sempre non sa cosa fare, e una comodità che può abituarlo di giorno in giorno alla passività. Siamo cullati dalla comodità senza fine che in realtà paralizza lo sviluppo di occupazioni attive e produttive. Il fatto che oggi si stia affermando una nuova professione, quella dell'educatore del tempo libero, dimostra solo il progressivo impoverimento dell'orizzonte spirituale. La grande libertà nell'organizzazione del tempo libero fa sì che molti siano di nuovo prigionieri...prigionieri del comfort loro offerti. Ma nulla può reggere il confronto con la liberazione della sessualità, che si è scatenata nel nostro secolo con la furia di un uragano. In nessun altro campo è rimasta un'insicurezza maggiore. La progressiva saturazione di stimoli sessuali perversi ha suscitato nella gente la convinzione errata che la potenza sessuale e l'orgasmo siano fattori necessari, indispensabili per vivere, cosa che, a sua volta, ha comportato una marea di turbe sessuali. La proclamazione della libertà sessuale ha quindi provocato una enorme labilità emotiva, dal momento che esigenze naturali sono state montate a spese di genuine inclinazioni e legami umani. Ciò che rimane per lo più è insoddisfazione, incapacità di amare e ... disgusto
A causa di una educazione permissiva
si può dire che mai i figli abbiano avuto tanta libertà e potere nei confronti dei genitori quanto oggi. In misura sempre crescente essi vengono allevati senza una guida, senza un esempio e quasi senza regole di comportamento. Tuttavia non si è mai avuta tanta depravazione, aggressività e rivolta dei giovani contro se stessi ed il proprio ambiente. Sapete cosa c'è dietro la brutalità e l' opposizione della nostra gioventù? C'è l'inquietante interrogativo circa l'obiettivo cui si possano rivolgere queste forze liberate, circa l'esistenza stessa di un obiettivo degno di essere raggiunto. Il tipo di educazione permissiva ha reso i giovani insicuri nelle loro radici esistenziali, cioè nella comprensione dell'esistenza. In seguito alla soppressione del , rappresentato nelle famiglie patriarcali di una volta, dalla grande cerchia dei parenti e conoscenti, non solo i figli, ma l'intera famiglia è stata gettata in un vuoto di libertà e solitudine insostenibili. nei grandi palazzi si vive isolati, protetti dal contatto e dallo sguardo degli altri, a proprio piacimento, ma la vita perde fascino; il deserto della metropoli spinge alla follia.
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Un po' di musica

e musiche di W.A. Mozart, Vivaldi , Handel e altri con radio classica web



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La forza di credere nel futuro di Vera Slepoj

E l’anno è transitato con mutevoli e controverse sensazioni, lo smarrimento per le incertezze del futuro, il vuoto che è lo spazio del cambiamento e la ripetizione quasi ossessiva del rituale più evocato che desiderato. A tre giorni dal rito di passaggio sembra già un infinito percorso quello compiuto e quasi senza progettualità il nuovo anno, i soliti fuochi, il bacio finto e collettivo, le luci e una sorta di fulgore che sa tanto di viale del tramonto. Uno stupro all’innocenza in una festa di massa, un proiettile vagante che uccide come fossimo a Beirut in una Napoli che non vuole crescere, ripiegata in se stessa, adulti che insegnano ai bambini come sparare, come negare, come trasgredire. Un inizio d’anno sempre uguale a se stesso pur nella stanchezza psicologica di molti a recitare una parte festosa, solidale e corale. Ci sono riti che hanno un senso, che appartengono alle tradizioni, che rimangono intatti dallo scempio di una modernità più ottusa che reale, ci sono poi i riti indotti, trasformati, stravolti, quelli dell’accaparramento emotivo di un attimo di libertà, quel bisogno di buttare, rovinare, fare rumore, rompere i timpani come rompere gli ormeggi dall’ansia di regole che vengono poco metabolizzate quindi al minimo accenno di distrazione vengono rifiutate. Se è il vecchio che deve essere abbandonato, se è necessario che il nuovo avanzi, i riti dovrebbero servire per rivisitare, ripercorrere, ripensare ad una nuova progettualità. La violenza, quello stordimento ancestrale di occupare, rivendicare, alimentare la nevrosi dell’insicurezza sociale, questa è la violenza da Hamas alle strade apparentemente sicure delle nostre città. Violenze diverse, ma il contenuto, l’atteggiamento culturale di tipo predatorio è lo stesso. Oggi la festa è finita, consumata, già dimenticata, si fanno i resoconti e alla fine anche quest’anno è stato uno stridore bulimico sull’anoressia dell’anima, ossia pochi contenuti per il futuro che verrà, poco spazio agli insegnamenti, alla comprensione del significato di questi giorni dove la nascita e la morte simbolica si sono incrociati, natività da un lato e conclusione di un anno dall’altro. E adesso ci sono i giorni, quelli pieni, quelli senza gli sconti, non quelli dei negozi, ma della vita, pochi insegnamenti per i bambini e le nuove generazioni sepolte nel loro isolamento con un unico solitario messaggio augurale, quello del Papa e del presidente Napolitano, poco anche se tanto per i contenuti e l’impegno, ma poco per le famiglie che consumano, ma non progettano, per le istituzioni assenti nel ruolo, nel significato, nelle parole, quelle del coraggio di mostrarsi membri di qualcosa, educatori dei loro cittadini. L’anno nuovo è già qui e mostra segni già quasi vecchi perché ripetuti all’infinito. È l’individuo, la soggettività a dover trovare la strada, quella smarrita delle idee, delle emozioni pur nella precarietà oggi del loro significato.
Vera Slepoj
Fonte

Il futuro Di Gianni Rodari



Il futuro, credetemi,
è un gran simpaticone,
regala sogni facili
a tutte le persone.
« Sarai certo promosso »
giura allo scolaretto.
« Avrai voti lodevoli,
vedrai, te lo prometto ».
Che gli costa promettere?
« Oh, caro ragioniere,
di cuore mi congratulo;
lei sarà cavaliere!».
« Lei che viaggia in filobus,
e suda e si dispera:
guiderà un'automobile
entro domani sera».
«Lei sogna di ..far tredici? »
Ma lo farà sicuro!
Compili il suo pronostico
ci penserà il futuro!
Sogni, promesse volano...
Ma poi cosa accadrà?
Che ognuno avrà il futuro
che si conquisterà.