E' ARRIVATO L'INVERNO!!...

lunedì 7 luglio 2008

Muoio per te

Anche l'abito fa lo studente






Divisa a scuola sì o no? Sì, per una serie di buone ragioni. Proposta da Gabriella Giammarco (Pdl) e considerata con attenzione dal ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, questa possibilità ha suscitato molteplici commenti, non tutti favorevoli, anzi. L'obiezione più forte: la divisa non basterebbe a risolvere i problemi della scuola di oggi. Ovvio: del resto, nessuno che sia sano di mente chiederebbe ad una scelta formale di risolvere problemi strutturali. Tuttavia la forma può aiutare la sostanza. Innanzitutto, quando si parla di divisa si fa una scelta di appartenenza, di attribuzione di ruolo, di riconoscimento. Le divise sono diffusissime nella nostra società: non solo nei corpi militari, ma anche nell'ambiente medico e paramedico, nella magistratura, negli alberghi, soprattutto di livello, nelle cucine dei ristoranti, nei supermercati.
Sono in divisa, di fatto, i manager e gli avvocati, tanto per citare due categorie di ampia rappresentatività, seppure con una maggiore discrezionalità nel colore delle cravatte o delle camicie. E lo sono gli sportivi di ogni squadra e disciplina. Nessuno lo vive come una limitazione della libertà personale, un insulto alla propria intelligenza o un'espressione di statalismo arcaico. Non sono in divisa i creativi di ogni professione: ma anche questo è un dichiarare un'appartenenza ideale, e ha una sua logica e un suo senso.Perché stupirsi tanto all'idea che anche i bambini possano utilizzare la divisa e viverla in modo positivo? Anche per i bambini e gli adolescenti può essere importante riconoscersi da un vestiario condiviso, soprattutto se questo si associ all'orgoglio di frequentare una scuola di qualità, come succede all'estero, dove le divise hanno attraversato intatte e rispettate i furori sessantottini, le ribellioni autonomiste successive, la voglia di differenza e di anarchia, e più in generale la tendenza a ridurre drasticamente il senso di disciplina a scuola. I bambini italiani sono diversi? Non tanto. Basti pensare ai boy-scouts, che anche in Italia godono di ottima reputazione e hanno una loro amatissima divisa che nessuno si sognerebbe di barattare per un abbigliamento variegato. Per non parlare della soddisfazione con cui i bambini indossano la divisa della squadra preferita o di quella in cui giocano. Semmai, i più resistenti all'idea della divisa sono alcuni genitori, che vedono per l'appunto in questa scelta una limitazione del senso di libertà dei figli. Pretesa di libertà che tuttavia ha oggi superato ogni limite, confondendosi con la maleducazione dilagante, figlia dell'assenza di regole e di disciplina e della conseguente anarchia comportamentale; con l'indifferenza ai sentimenti e ai bisogni degli altri; con un narcisismo esibizionista di cui i genitori sono spesso i primi compiaciuti registi. Ricominciare da una scelta formale, può essere il primo segnale dell'urgenza di riscoprire altri e più sostanziali valori della scuola ormai vituperati e dimenticati. Certo, oggi non si pensa più al vecchio grembiule nero. Piuttosto, ad una divisa sul modello anglosassone, molto sobria: camicetta, gonna e giacca per le bambine e ragazze, pantaloni, giacca, camicia e cravatta per i maschi. Oppure jeans, camicia e giacca, purché con lo stesso stile e gli stessi colori. I vantaggi: il primo, un po' di sana uguaglianza. Così da limitare drasticamente la corsa attuale al vestito griffato anche per i piccolissimi, almeno a scuola. Scelta eccessiva per un bambino e che umilia tutti quelli che non se lo possono permettere. Il secondo: un po' di decoro. Uso apposta questa parola desueta, che indica l'ornare, l'abbellire: perché una bella divisa, uguale per tutti, contrasta nettamente con la tendenza alla sciatteria e al disordine, ma anche all'esibizionismo ammiccante, che in alcune scuole, soprattutto nell'adolescenza, è ormai a livelli sconfortanti. Chiaro: in parallelo dovremmo rioccuparci, e molto di più, del ruolo educativo della scuola, con una rinnovata dignità, formale e sostanziale. Eliminando i telefonini dalle classi una volta per tutte; esigendo una disciplina degna del nome, dagli insegnanti e dagli allievi, perché non è possibile apprendere nel caos. Esigendo il rispetto della casa dove si costruisce il futuro dei nostri figli, quale dovrebbe essere la scuola. Rispetto che include la pulizia dei muri e il divieto di imbrattarli, perché facendolo si insulta e abbruttisce lo spazio comune. Per concentrarsi soprattutto sull'apprendere e sull'allenare il cervello, strumento formidabile oggi sottoutilizzato, specialmente a scuola.Una divisa da scegliere o meno a discrezione dell'istituto scolastico e d'accordo con i genitori, come salomonicamente ha suggerito il ministro Gelmini. Una scelta comunque da considerare con attenzione, soprattutto se diventerà il fiore all'occhiello di una riscoperta dignità della nostra vituperatissima scuola.

Alessandra Graziottin

Fonte : Il Gazzettino

www.alessandragraziottin.it

martedì 1 luglio 2008

A una ragazza,a un ragazzo



Forse l'hai già capito: non è facile crescere, ancor meno diventare adulti.
Essere grandi significa avere più libertà, più mezzi economici, ma anche molte più responsabilità.
Il tuo compito, la tua meta in fondo al viaggio, è diventare migliore dei tuoi genitori.
Alza la fronte. Non farti imbrogliare da chi vorrebbe comprare il tuo consenso con denaro o adulazioni, non ti far bastare ciò che sono disposti a darti. Il tempo ti dirà che le idee sono tanto più preziose quanto più sono diverse.
Alza la fronte e non porre limiti alla tua ambizione: essi sono fatti per essere superati attraverso passione e capacità. Non è vero che nella vita bisogna accettarsi, piuttosto è fondamentale sapere che ti puoi migliorare, qualsiasi sia la stagione che stai attraversando.
Sforzati di trovare il coraggio per dare spazio alla tua creatività, confida nel tuo talento cercandolo ogni giorno e ogni notte dentro di te.
Raschia il barile delle tue capacità, scopri ogni cunicolo della tua anima ma non donarla mai tutta, riservane sempre una briciola per ogni tua prossima passione.

L'esistenza non è una corsa di cento metri, ma una maratona meravigliosa e per arrivare alla fine occorre merito, non furbizia; voglia di essere disponibili a meravigliarsi, non infruttuose ricette alchemiche: "un uomo libero agisce sempre in buona fede e non ricorre all'astuzia", diceva Spinoza.
Non dare retta a chi ti indica le scorciatoie, prova ad osare strade difficili, evita tutto ciò che è comodo e diffida di chi te lo propone. Fa' crescere dentro di te rabbia e sete per l'inquietudine.
Non buttarti via, impara a dannarti senza perderti.

Alza la fronte e tieni dritta la schiena: nemmeno gli anni la curveranno, soltanto l'ignavia.
Ama la tua libertà e difendila da tutto e da tutti; adora la tua autonomia, riparala dal canto delle sirene ricattatrici: le dipendenze non fanno crescere, aiutano soltanto a smarrire il senso del viaggio.
Non farti atterrire dall'urto delle tue emozioni, contamina con l'eco di quel rombo magnifico chi, accanto a te, ha abbassato lo sguardo.
Impara che hai diritto a pensare che nella vita si possa e si debba tentare e sbagliare, e che nessuno ti deve poter giudicare per gli errori che commetterai, ma semmai per le omissioni che ammetterai a te stesso.

La riga la si tira alla fine, non certo a vent'anni, e, quando ti verrà di guardare alla vita come ad una straordinaria vallata percorsa, avrai finalmente capito che la sera cui sei giunto conosce segreti che il lontano mattino nemmeno poteva immaginare; ma dovrai anche sapere che ciò che di buono è stato l'ha costruito la tua anima, così come anche ciò che le tue forze non sono state capaci di compiere.


Prefazione di Paolo Crepet al suo libro " I figli non crescono più"

La forza della vita in una favola di Esopo



Quanto è difficile amare la vita!

C’è sempre un intoppo, un contrattempo, un dubbio ad offuscare i momenti spensierati, al punto che la felicità si individua e si riconosce solo dopo che si è perduta.
Siamo proprio noi i nostri peggiori nemici quando ci denigriamo, quando indugiamo in atteggiamenti sconvenienti, quando diamo voce alla nostra ansia trasmettendo agli altri inquietudine e disamore.

Il vecchio e la morte



Una volta un vecchio, avendo raccolto la legna e trasportandola, percorreva molta strada.
Per la fatica del cammino, avendo poggiato il carico, invocava la morte.

Essendogli apparsa la Morte e avendogli domandato per quale motivo la invocava, il

vecchio disse: “Affinché mi porti il carico"

La favola insegna che ogni uomo è amante della vita, anche se è sfortunato.

La morte sembra allora la panacea di tutti i mali e la invochiamo, forse solo scaramanticamente per tenerla lontana.
E’ una sensazione che ben conosce un vecchio immortalato da Esopo mentre prega prima ed elude poi la propria dipartita.