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martedì 11 maggio 2010

Anche in amore la dipendenza può essere fatale


«Senza di te non vivo«. Ohi, ohi, allarme rosso! Donne e uomini, se il/la partner vi seduce con frasi così assolute, non crogiolatevi nell’illusione di essere diventati improvvisamente irresistibili. No. Qui è in agguato una catastrofe. Perché chi dice “senza di te non vivo” dichiara non tanto l’eccellenza dell’amato/o, quanto la propria incapacità di vivere trovando in sé le ragioni per stare al mondo con gusto e soddisfazione. Mi si dirà: dove lo mette il piacere di sentirsi indispensabili, amati con passione in modo assoluto? E la sensazione da brivido di sentirsi unici, essenziali, preziosi? Il punto è che si può amare con passione, e trasporto travolgente, senza farsi intrappolare in un amore dipendente. Seducente come un sirena, non c’è dubbio, e mortifero come un veleno.
Ulisse, che era accorto e prudente, di fronte al canto delle sirene si fece legare dai suoi marinai all’albero della nave: per deliziarsi struggentemente con quel canto – e il desiderio viscerale dell’irraggiungibile – ma salvarsi al tempo stesso da un naufragio di sé senza ritorno. Naufragio invece in agguato per chi sente in quella musica fatta di “…senza di te” vibrazioni e sintonie lungamente attese. Che ci portano a lanciarci in amori rischiosi, quanto più dentro di noi abbiamo attive le perigliose corde dell’”Io ti salverò”. Corde apparentemente buone, in realtà malignissime, che noi donne suoniamo con più struggente voluttà, sottilmente autodistruttiva, degli uomini.
Perché questa visione nera dell’amore dipendente? Nel migliore dei casi, l’amore dipendente è un amore geloso e possessivo. Con le sue spire sottili, comincia a limitare il campo d’azione e di vita: se all’inizio è geloso/a di potenziali rivali, diventa pian piano territoriale (nel senso “qua ci sto io e nessun altro”) su tutti i fronti. Con strategie diverse, l’amore dipendente allontana gli amici (dell’altro/a), soprattutto quelli più cari. Crea competizione nei confronti del lavoro: “Perché non torni prima?”; “Lavori troppo!”; “Mi trascuri!”. Divora ogni giorno dosi crescenti di energia vitale, lasciandoci inquieti e sempre più insoddisfatti. Crea barriere su barriere nei confronti del tempo libero, di hobby e sport: con la scusa di “fare tutto insieme” il dipendente finisce per controllare ogni mossa e ogni svago, anche perché è in genere meno vitale e ha molti meno interessi di chi ha un buon baricentro affettivo. E, attenzione perché il segnale è pericolosissimo, cerca l’isolamento anche nei confronti della famiglia d’origine.
La coppia in cui uno dei due è dipendente rischia la morte affettiva per asfissia. Rischio in genere più concreto se il dipendente è lui. Se è lei, il danno alla coppia è minore, perché i maschi da millenni hanno sviluppato strategie e anticorpi efficienti per limitare l’effetto costrittivo di una donna dipendente, e perché da millenni hanno controllato la libertà di lei gestendone più o meno accortamente anche la dipendenza economica, oltre che affettiva. Nei casi di dipendenza affettiva più radicata e profonda, il rischio di morte diventa concreto, fisico, soprattutto nei casi in cui la donna chieda la separazione o comunque se ne vada. Superata la fase sognante, schiacciata dal controllo ossessivo e da una dipendenza che nel tempo mostra il suo volto più costrittivo e vampiresco, lei osa risognare di essere libera, autonoma, di nuovo pienamente se stessa. E allora lui, che davvero non vive senza di lei, può arrivare ad ucciderla: per paura di perderla davvero, per rabbia, per delirio di onnipotenza, per furore contro il (presunto o futuro) rivale: “Se non ti ho io, non ti avrà più nessuno”, a volte travolgendo nella morte anche i figli, o se stesso, come tanti tragici casi di cronaca recente hanno mostrato.
E allora? Sì all’amore-passione, sì all’entusiasmo, sì all’attrazione di pelle, sì alla vertigine di sentirsi incantati, sì al progetto di vita che ci rende felici per un mese o per sempre. Ma attenzione alla dipendenza: anche in amore può esserci fatale. Due cuori, una capanna e… un’asfissia.
www.alessandragraziottin.it

2 commenti:

Gianna ha detto...

Vieni a leggere il mio penultimo post...telepatia?

maria caterina ha detto...

Cara Stella, il tuo blog è straordinario! L'argomento dei nostri due post credo che sia dovuto purtroppo alle tristi notizie che ogni giorno ci lasciano allibiti per la loro crudeltà. Mi è tanto piaciuta la poesia " Un modo di essere" . E' molto ,molto bella!Me la sono copiata per leggermela e rileggermela. Grazie, Ciao.