E' ARRIVATO L'INVERNO!!...

mercoledì 29 ottobre 2008

No alla difesa di privilegi

Questa volta lo hanno notato in molti. La protesta di studenti, genitori e insegnanti contro i provvedimenti del ministro Gelmini, al di là dei suoi contenuti specifici e delle ragioni, anche fondate, da cui muove, ha qualcosa di automatico e di ripetitivo che la fa somigliare troppo ad altre proteste del recente passato: in particolare a quella di una decina di anni fa contro le proposte di riforma del ministro Berlinguer (allora vivacemente contestate anche da destra), che miravano fra l'altro a introdurre criteri di valutazione meritocratica nella carriera di insegnanti e dirigenti scolastici. Il sospetto, insomma, è che il movimento di contestazione finisca con l'inglobare e col nascondere dietro più nobili motivazioni l'ennesimo episodio di resistenza di singoli segmenti della società contro qualsiasi provvedimento capace di modificare uno status quo fatto di abitudini consolidate e di piccoli e grandi privilegi.

Per entrare nello specifico, i professori universitari hanno buoni motivi per protestare contro i tagli che minacciano di affamare gli atenei e di bloccare il turn over nella docenza per gli anni a venire. Ne avrebbero di ancora migliori se abbandonassero per sempre la logica dei finanziamenti a pioggia e del posto garantito a vita anche a chi non ha nulla da insegnare e se facessero autocritica sul modo in cui hanno gestito, per quanto in loro potere, l'istituzione universitaria, moltiplicando scriteriatamente cattedre, corsi di laurea e (complici i politici) facoltà e atenei. In tutt'altro campo, i magistrati hanno ottime ragioni per rivendicare un ruolo non meramente impiegatizio (e dunque a non volersi sottoporre al passaggio per i tornelli o al timbro dei cartellini). Ma sarebbero più convincenti se riconoscessero una qualche loro responsabilità nel collasso della giustizia penale e civile e se accettassero di far dipendere le loro prospettive di carriera da un serio controllo di produttività.

Né il principio sacrosanto dell'autonomia dell'ordine giudiziario, né quello, pure inviolabile, della libertà di insegnamento possono essere invocati per difendere nicchie di privilegio e di inefficienza. Tanto più che sappiamo come ogni istituzione autocefala tenda a diventare inefficiente e corporativa in assenza di forti meccanismi di controllo interno o esterno, o, in alternativa, di una situazione di concorrenza. Il compito di far prevalere gli interessi generali sulle spinte corporative spetta, naturalmente, al ceto politico, che però spesso lo elude, o non lo esercita col dovuto coraggio, preferendo praticare un gioco di sponda con le singole categorie, magari per mettere in difficoltà gli avversari di turno. Donde i frequenti scambi di ruolo fra centro-destra e centro-sinistra a seconda della posizione occupata in questa o in quella legislatura. Si spiega anche così il fatto che a tenere in scacco la politica nazionale non siano solo le categorie forti, vuoi per il numero (è il caso del mondo della scuola), vuoi per il ruolo istituzionale (come la magistratura). Tassisti, farmacisti e notai sono categorie numericamente esigue, poca cosa comunque rispetto alla massa degli utenti dei servizi da loro prestati. Eppure hanno resistito con discreto successo ai reiterati tentativi di introdurre misure liberalizzatrici nei settori di loro competenza. Non sarebbero stati così forti se i politici dei due schieramenti maggiori avessero saputo far fronte comune almeno su pochi provvedimenti largamente condivisi, anziché vantare la bontà delle proprie ricette svalutando quelle degli avversari.

Il clima della presente legislatura non è certo il più adatto alle convergenze e ai provvedimenti bipartisan. Eppure uno sforzo speciale di modernizzazione e di riforma si impone urgentemente all'intera classe politica. In una situazione di difficoltà economica, in cui tutti saranno chiamati a sacrificare qualcosa, i cittadini chiedono sì maggior protezione allo Stato, ma sono anche meno disposti a tollerare la difesa, comunque motivata, di privilegi e diritti acquisiti.

Giovanni Sabbatucci ( docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma)

Fonte: Il Gazzettino




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