di Francesco Alberoni
Di fronte alle difficoltà inattese, e oggi di fronte alla crisi economica possiamo avere due reazioni opposte: o di rifiuto o di adattamento. In Grecia c'è stata una reazione di rifiuto, guerriglia urbana, molotov. Anche in Italia qualcuno aspettava una cosa simile, ma tutto fa pensare invece che sia in atto una forma di adattamento. Il governo si è mosso sul piano finanziario e delle grandi opere, ma in più c'è un gran proliferare di nuove iniziative imprenditoriali e culturali e io ho l'impressione che sia iniziato anche un cambiamento dell'atteggiamento verso lo studio, il lavoro e la professione.
Negli ultimi trent'anni abbiamo avuto un notevole aumento del benessere e, poiché è diminuita la natalità ed è avvenuta una forte immigrazione, numerosi studenti delle scuole medie e dell'università non sentivano più lo studio come qualcosa di vitale per il loro avvenire. Pensavano che in qualche modo avrebbero provveduto i loro genitori. Altri si preparavano a diventare dottori, avvocati, giornalisti, funzionari, trascuravano le materie tecniche e non si preoccupavano di imparare un mestiere, che consideravano ormai territorio degli immigrati. Ma oggi che anche il loro padre, la loro madre, i loro fratelli hanno difficoltà economiche e paura del futuro, come reagiranno? La mia impressione è che essi abbiano già capito e stiano diventando più attenti, duttili, attivi.
La gente non cambia se non è costretta a farlo. Non ci mettiamo a lavorare finché non sentiamo sulla nostra pelle che non ci sono alternative. Non studiamo se non sentiamo che quell'insegnamento è importante. E impariamo solo se l'argomento ci attrae o comprendiamo che ci serve, che è essenziale. Quando troviamo un libro che ci affascina, lo divoriamo. Ci soffermiamo con avidità sulle parti più importanti, ce le ripetiamo mentalmente, e poi torniamo a rileggerle per imprimercele nella mente. Lo studente che ascolta passivamente l'insegnante e poi, tornato a casa, legge e rilegge pigramente la lezione anche dieci volte, non impara nulla. E quel poco che impara lo dimentica nel giro di due giorni. Noi ricordiamo solo ciò che vogliamo ricordare e ci sforziamo di ricordare.
E’ di questo che abbiamo bisogno oggi in Italia. Che la spinta del bisogno, della necessità risvegli la nostra volontà di apprendere, la nostra fantasia, la nostra creatività. In tutti i campi: nello studio, nel lavoro, nelle professioni, nella ricerca, nell'attività imprenditoriale
Fonte: Il Corriere della sera
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