Per 70 volte nella Bibbia si parla di mattino. Ma il più importante di tutti qual è? “Il primo giorno della settimana, di buon mattino, le donne si recarono al sepolcro”: ecco il mattino più grande della storia umana; “Lui non è più qui: è risorto!”. Non ci sono altre tombe vuote come era la sua, né quella di Alessandro Magno, né quella di Carlo Magno, né di Napoleone o di Cesare, dove c’era scritto “Qui giace…”. Per la verità ce n’è un’ altra: è quella di Maria come continuazione pasquale. “Se Cristo non fosse risorto sarebbe vana la nostra predicazione e la nostra fede” scrive S. Paolo. “Se Gesù non fosse risorto non si potrebbe credere in Lui come salvatore; si potrebbe tutt’al più venerarlo come maestro. Si può rievocarlo ma non invocarlo. Si può parlare di Lui ma non parlare a Lui. Si può ricordarlo ma non ascoltarlo” (Messori).
Mentre i Testimoni di Geova commemorano un mortonella Cena di Gesù, noi incontriamo un vivo nell’Eucarestia.
E’ successo tutto, pare, il 9 aprile dell’anno 793 dalla fondazione di Roma in un territorio, la Palestina, dove nessuno si pensava che il Messia atteso dovesse patire, morire e risorgere. Lì si è verificato un fatto inaudito ed è stato il week end più splendido e paradossale della storia. Nessuno si sarebbe aspettato la resurrezione di un morto. Neanche gli apostoli riuscivano a crederci per la troppa gioia, dice Luca. Non fosse successo, la Chiesa avrebbe un buco nella sua barca ed io (ma non solo io) avrei impiegato la mia vita per nulla: senza resurrezione c’è solo delusione. Cristo sarebbe stato un uomo ingoiato dalla morte come tutti, che non aveva nessuna ragione da vendere o verità da proporre che fosse superiore alle altre, che non era né Dio né Salvatore.
“Il vero e solo peccato da confessare è rimanere insensibili alla resurrezione” diceva S. Isacco il Siro. Mai mi è successo che qualcuno sia venuto a confessarsi perché dubitava troppo della resurrezione di Cristo; eppure tutto si gioca lì per Lui e per noi: la Pasqua è festa da vivere. Dobbiamo aprirci ad una nuova primavera, rinnovarci per non essere più uomini scontati ma uomini d’inizio, capaci di ripartire, cambiare, volare alto.
Un miscredente diceva ad un sacerdote: “Ho bisogno di vederla triste ed allora sono tranquillo e mi convinco che Dio non esiste. Mi vengono i dubbi quando la vedo contento.”
Nel medioevo, a Pasqua, i preti raccontavano anche barzellette dal pulpito durante la messa: avevano capito che anche il nostro viso deve mostrare Pasqua. Via quindi le mascelle grintose, i musi duri, gli sguardi torvi; via i sospiri, i lamenti e i piagnistei: noi siamo figli della Resurrezione. Nella bocca, nel cuore, nella testa, nel carattere, nello spirito: dopotutto “le nubi passano, il cielo resta.”. Pasqua è una consegna, è un impegno, un’ azione, un verbo”fare” che ha mille direzioni:
Far Pasqua è smuovere tutti i macigni: dell’ abitudine, della paura, dell’ invidia, della stanchezza.
Far Pasqua è nascere nuovi ogni mattina.
Far Pasqua è temere di meno e sperare di più.
Far Pasqua è gettare nel cestino gli occhiali affumicati, i pensieri vestiti a lutto.
Far Pasqua è non imbalsamare Cristo nel passato.
Far Pasqua è spargere la vita, la gioia, la pace.
Far Pasqua è organizzare la resurrezione del mondo. Andiamo, è Pasqua.
Allora il più grande dono è annunciare Cristo risorto, senza paura.
Nell’Ohio, in USA è in corso un processo ad una professoressa: nel 2002 aveva dato per tema agli alunni “Parla di chi ti ha dato di più nella vita”. Un alunno ha parlato di Cristo Risorto. La professoressa non ha accettato lo scritto dicendo “Non hai capito il tema: dovevi scrivere di una persona viva, mentre tu hai scritto di una persona che non esiste più!” La famiglia, tutta convinta del contrario, è ricorsa in tribunale. Bravo Philly! Con il tuo tema ci vuoi far sapere che Gesù è ancora vivo.
Del resto a quel politico francese la cui figlia scappò in clausura, sfuggì la frase: “Ma chi è questo morto che mi ruba la figlia?”; non aveva capito che non si va dietro ai morti, ma ai vivi. A Pasqua passa il Vivente; a me interessa il suo passaggio e a te? Solo con Lui sarà buona la Pasqua.
Buon mattino, fratello: e che mattino!
Don Marco
Fonte
Mentre i Testimoni di Geova commemorano un mortonella Cena di Gesù, noi incontriamo un vivo nell’Eucarestia.
E’ successo tutto, pare, il 9 aprile dell’anno 793 dalla fondazione di Roma in un territorio, la Palestina, dove nessuno si pensava che il Messia atteso dovesse patire, morire e risorgere. Lì si è verificato un fatto inaudito ed è stato il week end più splendido e paradossale della storia. Nessuno si sarebbe aspettato la resurrezione di un morto. Neanche gli apostoli riuscivano a crederci per la troppa gioia, dice Luca. Non fosse successo, la Chiesa avrebbe un buco nella sua barca ed io (ma non solo io) avrei impiegato la mia vita per nulla: senza resurrezione c’è solo delusione. Cristo sarebbe stato un uomo ingoiato dalla morte come tutti, che non aveva nessuna ragione da vendere o verità da proporre che fosse superiore alle altre, che non era né Dio né Salvatore.
“Il vero e solo peccato da confessare è rimanere insensibili alla resurrezione” diceva S. Isacco il Siro. Mai mi è successo che qualcuno sia venuto a confessarsi perché dubitava troppo della resurrezione di Cristo; eppure tutto si gioca lì per Lui e per noi: la Pasqua è festa da vivere. Dobbiamo aprirci ad una nuova primavera, rinnovarci per non essere più uomini scontati ma uomini d’inizio, capaci di ripartire, cambiare, volare alto.
Un miscredente diceva ad un sacerdote: “Ho bisogno di vederla triste ed allora sono tranquillo e mi convinco che Dio non esiste. Mi vengono i dubbi quando la vedo contento.”
Nel medioevo, a Pasqua, i preti raccontavano anche barzellette dal pulpito durante la messa: avevano capito che anche il nostro viso deve mostrare Pasqua. Via quindi le mascelle grintose, i musi duri, gli sguardi torvi; via i sospiri, i lamenti e i piagnistei: noi siamo figli della Resurrezione. Nella bocca, nel cuore, nella testa, nel carattere, nello spirito: dopotutto “le nubi passano, il cielo resta.”. Pasqua è una consegna, è un impegno, un’ azione, un verbo”fare” che ha mille direzioni:
Far Pasqua è smuovere tutti i macigni: dell’ abitudine, della paura, dell’ invidia, della stanchezza.
Far Pasqua è nascere nuovi ogni mattina.
Far Pasqua è temere di meno e sperare di più.
Far Pasqua è gettare nel cestino gli occhiali affumicati, i pensieri vestiti a lutto.
Far Pasqua è non imbalsamare Cristo nel passato.
Far Pasqua è spargere la vita, la gioia, la pace.
Far Pasqua è organizzare la resurrezione del mondo. Andiamo, è Pasqua.
Allora il più grande dono è annunciare Cristo risorto, senza paura.
Nell’Ohio, in USA è in corso un processo ad una professoressa: nel 2002 aveva dato per tema agli alunni “Parla di chi ti ha dato di più nella vita”. Un alunno ha parlato di Cristo Risorto. La professoressa non ha accettato lo scritto dicendo “Non hai capito il tema: dovevi scrivere di una persona viva, mentre tu hai scritto di una persona che non esiste più!” La famiglia, tutta convinta del contrario, è ricorsa in tribunale. Bravo Philly! Con il tuo tema ci vuoi far sapere che Gesù è ancora vivo.
Del resto a quel politico francese la cui figlia scappò in clausura, sfuggì la frase: “Ma chi è questo morto che mi ruba la figlia?”; non aveva capito che non si va dietro ai morti, ma ai vivi. A Pasqua passa il Vivente; a me interessa il suo passaggio e a te? Solo con Lui sarà buona la Pasqua.
Buon mattino, fratello: e che mattino!
Don Marco
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