lunedì 8 settembre 2008
Per sopravvivere la scienza ha bisogno degli irregolari
Per salvare la diversità si deve competere su scala globale
T utti sono convinti che la globalizzazione aumenti la cultura, la conoscenza, la creatività, ma non è detto che sia vero, perché essa distrugge anche le culture, le tradizioni, le lingue, le letterature locali. Ancora nel secolo scorso in Italia c'erano scrittori, poeti e cantanti milanesi, genovesi, romani, napoletani amati e ammirati nel loro ambiente. E c'erano migliaia di laboratori artigianali, boutiques in cui trovavi degli stupendi prodotti originali. Oggi dovunque tu vada — a Milano, a Firenze, a Saint-Tropez, a Tokio, a Manila, a New York — trovi gli stessi stilisti, gli stessi vestiti, lo stesso gusto. Nelle librerie gli stessi libri, nei cinema gli stessi film, nelle le televisioni gli stessi format, e senti discutere le stesse idee. Certo, il mercato globale ha continuamente bisogno di novità, per cui devono esserci migliaia di inventori che fanno proposte, ma alla fine se ne affermano solo poche selezionate dalle grandi centrali. Le altre spariscono e spariscono i milioni di creatori che non hanno più un mercato locale. Avete notato che non ci sono più grandi pensatori? Perché sono stati sostituiti da cantanti rock, da conduttori di talk show e da guru internazionali. E cominciamo a sentire la carenza di scienziati originali. Perché anche nella scienza sono i centri di potere accademico internazionale che controllano i finanziamenti e le pubblicazioni e impongono le proprie proposte e le proprie idee emarginando gli scomodi, i devianti, quelli fuori dal coro. La scienza non è affatto obbiettiva e imparziale come il grande pubblico immagina. Ancor oggi le scoperte più originali vengono fatte da individui che devono lottare contro il conformismo accademico.
Per tener viva la diversità culturale e conservare accesa la creatività bisogna che ciascuno partecipi e competa nel sistema di comunicazione globale, ma nello stesso tempo ogni nazione, ogni popolo, ogni città deve conservare le sue radici, la sua lingua, la sua tradizione e farle fiorire. Non dobbiamo aver paura di essere diversi, di rifiutare il tipo di arte, di cinema, di libri, di spettacoli televisivi ammirati da tutti. Dobbiamo imparare a giudicare e a scegliere con la nostra testa, e sforzarci di realizzare solo cose che consideriamo veramente belle e di valore. Certo, agire così richiede uno sforzo individuale molto più grande, ma è l'unico modo per tenerci fuori dal gregge e poter dare anche noi un contributo utile.
www.corriere.it/alberoni
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