Il problema costituito dagli extracomunitari è stato esaminato cento volte, da ogni punto di vista. Al loro ingresso in Italia e in Europa sono favorevoli non solo i progressisti, che lo considerano una inevitabile fatalità, ma anche molti industriali e impresari. Infatti servono operai per i lavori che gli italiani non vogliono più fare. Altri però sono preoccupati per questa massa che invade il nostro continente, cui non si riesce a dare un ordine accettabile, e siamo pressoché impotenti a controllare.
Spesso non si conosce neppure il loro nome, nè il Paese di provenienza perché essi distruggono i loro documenti d'identità. Spesso non possiedono una preparazione adatta per esercitare al meglio un vero mestiere o una vera professione. Così fatalmente finiscono per lavorare in nero, al soldo di imprenditori disonesti, o per entrare nel mondo della droga e della prostituzione. Ma lasciamo stare, dato che di tutto questo si è parlato anche troppo, e senza risultati concreti. Invece si è parlato pochissimo, o quasi nulla, del loro numero, e delle conseguenze che esso avrà nel futuro, e già comincia ad avere nel presente.
In Italia gli extracomunitari si avvicinano ai quattro milioni. È una cifra che accende molti interrogativi. I sociologhi ci dicono che quando in uno Stato gli stranieri stanziali superano il 5\%, gli scoppi di manifestazioni xenofobe sono pressoché fatali. In Italia la soglia di pericolosità è stata superata da un bel po'. Dico questo non certo per scusare gli xenofobi; voglio solo ricordare che questo istinto esiste, sia tra gli uomini che tra gli animali che vivono in branchi. La cultura, l'etica, le leggi possono frenare e diminuire i fenomeni, ma non potranno mai farli sparire del tutto. Violenza, xenofobia, razzismo sono odiosi. Ma, al di là di ogni retorica e di ogni utopia, ogni persona equilibrata è consapevole che si tratta di un fatto naturale, difficile da sradicare.
Tanto più che la cultura in cui viviamo, anziché sforzarsi di diminuire la violenza, la mette ostinatamente in vetrina, la iperbolizza nei film e nei libri. Offre continuamente modelli negativi alle menti più deboli, meno capaci di difendersi dalle suggestioni negative. A questo punto è lecito domandarsi quanti extracomunitari dovremo ancora far entrare nel nostro Paese e nel nostro Continente.
In Europa sono già circa venti milioni. Certo sono poveri, sventurati, affamati e fanno molta pena. Spesso sono anche perseguitati politici nei loro Paesi. Ma poiché sia in Asia che in Africa vi sono molte guerre civili, i perseguitati politici sono milioni. Come è possibile ospitarli tutti quanti, in nome di una solidarietà politica? Se poi i ribelli riuscissero a conquistare il potere, i perseguitati diventerebbero subito quelli che oggi stanno al comando. Non c'è da farsi illusioni. Ma quando cesseranno questi fenomeni, visto che nel Terzo Mondo vivono tre miliardi di poveri? Gli extracomunitari solitamente hanno molti figli. Anni fa ho conosciuto uno studente universitario del Gabon che aveva ventitrè fratelli.
Non passerà un secolo che gli extracomunitari europei, soprattutto arabi e africani musulmani, saranno in Europa più numerosi dei bianchi. Ottenuta la cittadinanza di Paesi occidentali, formeranno i loro partiti, entreranno nel Parlamenti, faranno leggi ispirate alla loro cultura. Questa non è fantasociologia. Nel Kosovo, nel giro di novant'anni, da una maggioranza serba e grecortodossa si è passati a una albanese e maomettana. Questa prospettiva non è molto rassicurante. Gli extracomunitari andrebbero aiutati, per quanto è possibile, nei loro Paesi, fornendo tecnologie, creando scuole, ospedali, università. Dunque l'Europa dovrebbe subito cominciare ad adoperarsi perché l'immigrazione diminuisca e finisca per arrestarsi. Ognuno ha diritto di difendere la propria cultura e la propria libertà.
I Cristiani rischiano di diventare minoranze a casa loro, magari perseguitate, come oggi sono perseguitati nel Sudan, in Pakistan, a Giava e nelle altre isole della Sonda, in molti Stati africani. Da noi si parla tanto di tolleranza, di accoglienza, di culture diverse che debbono vivere in armonia. Questo è il sogno di tutti, ma per lo più è ancora, appunto, utopia e retorica, perché nei fatti le cose molto spesso vanno diversamente. Se esse continueranno a svolgersi come ora, le civiltà europee saranno irrimediabilmente deformate, e i problemi del Terzo Mondo non saranno risolti se non in minima parte. Dobbiamo porci questi problemi in modi realistici e non utopistici. Il problema dei milioni di immigrati ha altri versanti, territoriali e geografici, che vanno richiamati all'attenzione di tutti. Gli studiosi di geografia antropica e gli ecologisti dicono che l'Italia, Paese di dimensioni modeste (300.000 kmq), sarebbe sufficiente per circa trenta milioni di persone. Siamo già il doppio. Lo stesso problema hanno Paesi come l'Olanda, il Belgio, il Lussemburgo, la Germania, l'Inghilterra, la Danimarca. Se gli abitanti di un Paese stanno troppo stretti, nascono guai di ogni genere. Diventano violenti, le regole ecologiche vanno a farsi benedire.
Sono gli Stati di grande estensione, come la Russia, il Canada, gli Usa, l'Argentina, l'Australia, il Brasile che potrebbero ospitare molti extracomunitari senza problemi di natura territoriale. Che noi continuiamo a spalancare loro le braccia pur ospitandone già quasi quattro milioni, è uno dei tanti assurdi che affollano la storia. In Sudafrica sparano a chi viola i confini. Lo faceva anche la Russia, all'epoca del comunismo. È voce diffusa che l'abbia fatto pure la Spagna. Sono esempi che non lasciano tranquilli su ciò che potrebbe accadere in un avvenire non lontano.
Carlo Sgorlon ( Il Gazzettino del 3 settembre 2008 )